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mercoledì 25 giugno 2014

La magia della parola. Una nota critica di Marcella Di Franco sulla produzione poetica di Maria Teresa Liuzzo

Accostarsi alla complessiva produzione poetica della poetessa calabrese contemporanea Maria Teresa Liuzzo, nata nel 1956 a Saline di Montebello Jonico, significa inoltrarsi nei ‘meandri dell'essere’, nel labirinto di un'anima dalla straordinaria profondità. I versi raffinati della poetessa fluiscono armoniosi e, nella loro apparente semplicità, guidano verso i primordi dell'esistenza  universale, aprono uno spiraglio sull'Infinito che ammalia con il suo prepotente richiamo ancestrale. Nelle parole adoperate da M. T. Liuzzo aleggia un afflato cosmico, il ‘respiro del mondo’, un palpito caldo e struggente nel quale il dolore si sublima e dall'Io-Coscienza dell'individuo singolo si trasmette alle immagini di un presunto mondo reale ed oggettivo. Ogni particolare della realtà è continuamente riplasmato dalla sua fervida creatività in puro simbolismo metaforico, metafisica allusiva, surrealismo visionario.
Già dal titolo di una delle sue numerose sillogi, Autopsia d'immagine, si desume con efficacia il binomio morte-vita che è il polo unificante di tutte le centonove liriche che la compongono. L'indagine analitica del senso ultimo dell'esistenza scaturisce vivido soprattutto attraverso le immagini che la memoria riesuma dal passato: frammenti di nostalgie, sprazzi d'infanzia,  impressioni di sogni evanescenti, lusinghe di felicità perdute. Il ricordo si assimila allora al profumo di un petalo di rosa, ritrovato per caso tra le pagine di un libro, che si credeva dimenticato: ma basta sfogliare quelle pagine, annusare i fragili resti del fiore per ritornare, come Proust, indietro, alla ricerca del tempo perduto, per essere catturati dall'immagine completa della rosa, quand'era viva,  nel pieno rigoglio di un roseto appena sbocciato. Ma è come se l'autrice aggiungesse che, anche negli aspetti più radiosi dell'esistenza, si annidi il tarlo della consunzione, della morte, della precoce dissolvenza: ‘piaghe di roseto’, ‘cardi’, ‘inferno di spine’, ‘trincea delle spine’, ‘il rosso del papavero’ che diventa ‘sangue acre di labbra’, il ‘miele’ misto al ‘veleno’, si legge in ordine sparso nelle sue numerose liriche.
L'ordito poetico è costruito su continui ossimori: la radiosità accecante del sole si contrappone alla cecità della coscienza che brancola nel buio della notte, metafora dell'incapacità umana di cogliere ‘l'incognita di esistere’, il senso inafferrabile e misterioso della vita. ‘La quiete apparente dell'azzurro’ cela l'enigma della ‘realtà feroce e vera’, la dolcezza esteriore della vita si infrange contro le sue brusche impennate di dolore e crudeltà, il ‘sangue’ continuamente versato, quale conseguenza della ferocia del mondo naturale, o dell'odio umano: ‘Parlami della morte prezzo della vita’. Le speranze inseguite, le attese del futuro, si coagulano intorno alle immagini della ‘luce’ opposte al grigiore della vita quotidiana: sono come ‘aquiloni’ che volteggiano ‘sui giardini dei crisantemi’.
Il senso cupo ed opprimente della morte, puntuale rovescio della medaglia della vita, la lenta e fatale corrosione delle cose, la caducità e l'estrema fragilità esistenziale, trovano il loro correlativo oggettivo nei continui corredi funerari: la bara, le croci, gli scheletri, i bisturi del chirurgo, i fantasmi, il dialogo con i morti, che si insinuano anche dietro le più solari e mansuete epifanie della vita. La natura si oppone all'uomo come la mater matrigna di leopardiana memoria, fredda ed indifferente alle sorti dei mortali. La solitudine, l'angosciante consapevolezza della ‘barriera dei giorni’, di una vita abitudinaria e ‘sempre uguale’, che scorre lenta e tranquilla, come ‘spento mormorio di ruscelli’, in apparenza mite, ma che nel suo implacabile corso trascina tutto verso
l'inevitabile rovina. Ed in questo inarrestabile cammino procede l'accumulo degli anni, con il loro peso progressivo e crescente, nel quale l'uomo si trascina dietro il fardello di non poter ‘dimenticare’ il proprio passato. L'uomo resta così prigioniero delle proprie stesse ‘gabbie d'illusioni’, senza le quali non sentirebbe la vita che nel dolore, anche quando, vanamente rincorse, si infrangono contro i ‘muri’, emblemi dei limiti umani, di un'impossibile libertà dai  condizionamenti storici, sociali, culturali, di quell'humus di appigli terrestri dai quali è impossibile prescindere, senza rischiare di annullare l'essenza stessa dell'essere umano. Gradualmente, con il tempo, anche il ‘corpo’ si svuota di aspettative e speranze e il percorso della vita, divenuto ‘vuoto’, privato della sua consistenza materiale, si assimila ad un ‘fantasma’ che si aggira e alita ancora
dentro la vita: ‘Apparenza di passi siamo’, ‘Consistiamo in un sogno di creta’, ‘Siamo canne vestite di tormento’, ‘Un frusciare d'uomini e di foglie’, ‘Miraggio di un'essenza che s'illude divina’.
L'universo cupo e pessimista della Liuzzo, a volte dipinto a tinte crude e fosche, ma senza mai sconfinare nel compiacimento gotico, sembra non essere rischiarato da alcuna luce di fede divina, da alcuna finalità escatologica: le sofferenze, gli affanni, il dolore del vivere non sono riscattate da alcuna possibilità di fuga, per quanto testarda e sempre viva resti nell'uomo l'aspirazione a volare come un ‘albatro’, per poter ‘saltare il blu oltre il muro’, attingere l'Assoluto, ricongiungersi in chiave panteistica al Tutto di cui l'uomo fa parte, per quanto esiliato nella mortificante limitatezza del contingente, ed assurgere finalmente ad una dimensione intangibile, di inalterabile infinità.
Nell'ossessivo ripetersi ciclico del "nulla eterno", nel cerchio senza né inizio, né fine, si raccorda il fluire eterno dell'essere nel divenire, dove si alternano ‘apparizioni e scomparse’, in cui il tutto diventa ‘eterno ritorno’, come in Nietzsche. L'uomo per la Liuzzo resta confinato nel suo desolato solipsmo, ‘gettato’ in un mondo caotico, rumoroso, superficiale e violento che non smette mai di ‘piantare nel petto un campo di croci’ senza un perché. ‘Non chiederci la formula che mondi possa aprirti/ sì qualche storta sillaba e secca come un ramo’ scriveva già Montale. Similmente la Liuzzo afferma: ‘La vita è un treno d'estranei vagoni/ a folle velocità lanciati/ sfuggenti al pensiero’. Non
mancano anche gli echi che rinviano ad Ungaretti ai quali, come in un controcanto, la Liuzzo soggiunge: ‘e le stelle si spengono al nostro quieto passare’.
Solo la forza dell'amore, della solidarietà e della fratellanza, messaggio che emerge dalla poesia dedicata a Madre Teresa di Calcutta, sono capaci di spezzare le ‘forbici d'ansia’, i ‘nodi di catene’, ‘l'amaro filo della vita’, in ultima analisi tutto il pianto ed il dolore di cui è intriso il mondo: ‘Non ci è amico il mondo’, né ‘la farsa dei tempi’ tanto più dei nostri, del Terzo Millennio.
L'unica via di salvezza in grado di incivilire l'uomo, è come già per il Foscolo, il canto poetico, ‘il sangue deporre sulla carta per non morire’. Solo la scrittura creativa, il Dàimon, il fuoco dionisiaco dell'ispirazione poetica, può esorcizzare la morte, perché la parola è forte più del tempo, più dell'amore, più dell'odio, più delle guerre e delle violenze, più della fortuna mutevole e cieca.
Svaniscono i ricordi, l'ansia delle attese, le gioie e le tristezze, persino i dolori più atroci, ma la scrittura sopravvive alla polvere del tempo, al fiore che presto diverrà ‘cenere’, al buio che rapido subentrerà al ‘sole di un istante’. La vertigine della scrittura poetica, la ‘magia della parola’ diventa dunque nella Liuzzo catarsi aristotelica che sconfigge i controsensi esistenziali, che dà ‘il senso dell'andare’. Nella sua delicata sensibilità, la poetessa non aspira alla fama, alla notorietà: ‘il seme rifiutare della gloria’.
Ha sottilmente osservato l'eminente critico irlandese Peter Russell che, se togliessimo i titoli di ciascuna delle liriche che formano la vasta produzione della Liuzzo, affiorerebbe ‘un'unica trama’, ma resterebbe forse ancora più forte la sensazione di essere stati catturati dal suo particolare flusso di coscienza: un caleidoscopio inesauribile di pensieri, di immagini e di parole, dove ciò che è, ‘non è più l'attimo dopo’, dove tutti gli esseri viventi ‘siamo l'attimo’, ‘onde siamo’, ‘siamo l'erba’, ‘granello di sabbia’, ‘scintilla dell'attimo’, siamo semplicemente ‘l'attimo fuggente’.

Da Autopsia d’immagine di Maria Teresa Liuzzo, Reggio Calabria, A.g.a.r. Editrice , 2002, pp.41,43 e 51:

Nel profumo di un fuoco lontano

In punta di piedi procedere
su scaglie vetrose d'insetti,
l'incertezza rimuovere
del pensiero, saltare il blu
oltre il muro, percepire
il profumo di un fuoco lontano
e togliere le catene ai fiori
tra i fili spinati della seta,
scrostare le terrose squame...
Apparenza di passi siamo
e spento mormorio di ruscelli
se perdiamo il senso dell'andare.


Sillaba di luna

Nulla trattenere del tempo
nell'effimero spazio
dell'esistenza o una sillaba di luna
che illumina il pianto
e dà voce al silenzio. La memoria
riporta la barriera dei giorni
e la tua mano perduta nella mia
all' ombra declina
d'un aquilone.


Attori

Ed eccoci,
ospiti graditi sulla scena,
tatuaggi di colori
senza tocchi di dita.
Respiro del discontinuo ci travolge
la rapida del tempo:recitiamo brandelli d'acqua.
 
Bibliografia

M. T. Liuzzo, Autopsia d’immagine, Reggio Calabria, A.g.a.r. Editrice, 2002.
M. T. Liuzzo, L’acqua è battito lento, Lineacultura, 2001.
M. T. Liuzzo, Eutanasia d’utopia, Jason Editrice, Reggio Calabria,1997.
M. T. Liuzzo, Umanità, Jason Editrice Reggio Calabria,1996.
M. T. Liuzzo, Apeiron, Jason Editrice, Reggio Calabria,1995.
M. T. Liuzzo, Psiche, Poeti del secondo ‘900 italiano, Jason Editrice, Reggio Calabria,1993.
M. T. Liuzzo, Radici, poesie dell’anima, Reggio Calabria, A.g.a.r. Editrice,1992 .



Nota bio-bibliografica
Marcella Di Franco è docente di Lingua e Letteratura italiana e latina di scuola secondaria superiore. Nutre da sempre un vivo interesse per la scrittura creativa. Ha pubblicato una monografia storica per il Centro Studi Sanguis Christi (Roma), 2010 (www.csscro.it).
Suoi articoli, saggi, recensioni e testi letterari sono apparsi in varie collane antologiche, riviste culturali, italiane e straniere, tra le quali: Gradiva, International Journal of Italian Poetry, diretta dal Prof. Luigi Fontanella, Dipartimento di Lingue, letteratura e cultura europea dell’Università Stony Brook di New York, USA, anno XXXVII, n.43-44, Leo S. Olschki editrice, Firenze, 2013, p.91, p.211 (www.olschki.it/periodic.htm); AA. VV. Il Federiciano 2013 - Libro blu, Aletti editore, Villanova di Guidonia (Roma), 2013, p.58, (www.alettieditore.it); AA. VV. Antologia del Premio letterario Napoli Cultural Classic, Albus Edizioni, Caivano (Napoli), 2014, pp.64-66, (www.albusedizioni.it); La Nuova Tribuna Letteraria NTL, anno XXIII, n.112, Padova,2013, pp.11-12 (www.literary.it); Astolfo, quadrimestrale del Dipartimento di Scienze Letterarie e Filologiche
dell'Università di Torino, diretto dal Prof. Giorgio Barberi Squarotti, Edizioni Dell'Orso, Alessandria , anno IV, n.1, pp.57-67; Cultura e prospettive, n.16, e n.17, Catania, 2012 (www.ilconvivio.org, supplemento all’Accademia Internazionale Convivio n.50 e n.51); Artea - Ruba un raggio di sole per l'inverno, Edimond, Città di Castello (Perugia), p.67; Storie/All write,
periodico internazionale bilingue, Leconte editore, n.59, Roma, p.140; Il Ponte Italo-Americano, bimestrale italiano-inglese, diretto dal Prof. Orazio Tanelli, anno XIII n.5, p.26; anno XV n.4, p.21; anno XVI n.1-2, p.13 e p.32, Verona, New Jersey (USA); Art & libri, mensile diretto dallo scrittore Mario Grasso, anno VIII, n.28, Catania, pp.1-2. Storie e racconti di mare, vol. XII.
Opere selezionate dal concorso Fatti di bordo nel XXV Premio Artemare, Catania, pp.127-134,
(www.artemare.it/Racconti%20XIII.pdf); Antologia Mons Aegrotorum, Venilia editrice, Padova, pp.31-32; Silarvs, rassegna bimestrale di cultura, anno XXXI, n.169, Salerno, pp.62-67; Antologia Città di Leonforte, XIV edizione, Enna, pp.50-63. Alcuni dei suoi testi letterari sono catalogati nella Biblioteca del "Centro di ricerca sulla poesia contemporanea S. Zuppardo" di Gela (CL), 2013.
Tra i numerosi premi letterari nazionali di poesia e narrativa conseguiti, si ricordano: seconda classificata nella IX edizione del premio internazionale artistico - letterario Napoli Cultural Classic, sezione lingua straniera, Nola (Napoli), 2014 (www.culturalclassic.it); V edizione del premio Dario Prisciandaro, Perdifumo (Salerno), (www.positanonews.it/articoli/96403/perdifumoXII_meeting), 2013; finalista nella V edizione del premio internazionale Il Federiciano, Rocca Imperiale (Cosenza), 2013; I edizione del Premio Angelo Musco, presieduto dal Prof. Giovanni Tropea, Milo (Catania), (www.comunedimilo.ct.it/premiomuscoediz2007.htm); VI edizione del premio Subway letteratura, IULM di Milano, finalista per la sezione città di Palermo (www.subway-letteratura.org), 2007; prima classificata nella I edizione del Premio Artea, Citta di Castello (Perugia); IX edizione del premio A.s.c.a.m.e.s., Caltanissetta; III edizione del Premio Il Convivio, prov. di Messina; XXV edizione del Premio Artemare, Riposto (Catania), presieduto dal Prof. Orazio Licciardello (www.artemare.it/Racconti%20XIII.pdf); segnalata nella I edizione Exit - La Clessidra, Milano; prima classificata nella XXX edizione del Premio Tiracivm – prov. di Messina; finalista nella I edizione del Premio Mons Aegrotorum, Padova; V edizione del Premio Dr.Gennaro Scetta, Città di Poggiomarino, Striano (Napoli); XXV edizione del Premio Silarvs, Battipaglia (Salerno); terza classificata nella XIV edizione del Premio P.E. Santangelo, Leonforte (Enna), presieduto dal critico letterario Carlo Muscetta. Ha anche vinto una competizione universitaria, promossa dal Movimento per la Vita italiano, V e VII edizione, premiata con un viaggio al Parlamento Europeo di Strasburgo e, in occasione della XXV annualità del Concorso Europeo, nel 2012, è stata invitata nell’Aula Paolo VI, Città del Vaticano, insieme ai vincitori delle precedenti edizioni.

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Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"