Taccuino Anastasiano è il proseguimento del Blog "Circolo Letterario Anastasiano", con il quale rimane comunque collegato (basta cliccare sul logo del CLA).
Sarà questo un blog essenzialmente dedicato alle recensioni, alle notizie letterarie, alle presentazioni di libri ed agli appuntamenti ed incontri relativi al nostro territorio vesuviano, e non solo: dedicheremo spazio a tutte le notizie interessanti che ci giungeranno, con lo scopo di fornire valide informazioni culturali e spunti di riflessione su temi di carattere poetico e letterario in generale.
Buona lettura e buona consultazione.

venerdì 28 luglio 2017

La "materia grezza" di Aurora De Luca

"Che tu abbia materia grezza, / che tu sia legno di zattera / e saturo di sale vada stupito / a domandar dove andare. / Che tu non abbia ori nello sguardo, / né aquiloni nelle braccia, / ma verità negli occhi / e grazia giù a fondo, / per le strade delle ossa. / Che tu abbia materia grezza / e genuina essenza".
Ecco, partirei da questi versi centrali e fondamentali, sui quali la giovane poetessa Aurora De Luca fonda la sua creatività poetica, per riflettere brevemente su questa nuova opera dell'autrice.
In realtà l'idea di plasmare la materia grezza, in qualche modo, per poterla poi trasformare o addirittura trasfondere in qualcosa di esteticamente bello, non solo, ma anche in qualcosa di utile per se stessi e per la società, che susciti vibrazioni interiori, impressioni che sommuovono la mente e soprattutto il cuore, insomma in qualcosa di "artistico", è sempre stato il sogno dell'uomo "creativo", che poi realizza l'opera: un quadro, una scultura, un brano musicale, un romanzo, un'opera letteraria, una poesia. Dalla chimica dei colori e dalla loro unione, il quadro sul grezzo della tela; dal grezzo del marmo o del bronzo, la scultura sopraffina; dal grezzo delle parole, unite tramite una struttura idonea e mai ripetitiva, sempre originale, la poesia!
Conobbi Aurora De Luca in occasione di un premio letterario importante, e poi ancora, successivamente, sempre nell'ambito di una premiazione di un altro concorso altrettanto noto; lei era molto giovane, ma già si distingueva dagli altri coetanei che frequentavano il difficile percorso poetico e letterario, per il suo dire incisivo e nello stesso tempo dolce e determinato. Il suo curriculum letterario è pertanto ben nutrito e tantissime sono le iniziative e le pubblicazioni in cui figura.
Questa sua "Materia grezza", ultima pubblicazione che ho avuto il piacere di leggere, primo premio Minturnae XXXIX edizione e primo premio poesia edita al Città di Mesagne del 2016, merita un encomio particolare per l'originalità e la schiettezza della sua voce poetica. Si tratta di una raccolta omogenea e continua, priva di suddivisioni in sezioni o comparti, il che conferisce all'opera la giusta compattezza e fluidità, caratteristiche importanti in un progetto poetico di ampio respiro, dove l'autore, o l'autrice in questo caso, tende ad esaudire e completare tutto il suo pensiero.
E dunque Aurora De Luca parte da questa idea del grezzo, dell'informe, del primordiale, direi quasi del disordine, per giungere, o perlomeno tentare di giungere, a forme decise e precise di enunciati lirici, a stati d'animo aperti all'amore e alla natura, all'uomo, a riflessioni costruttive e positive, il tutto mediante un verso che è spronante, che è chiaramente modulato dal cuore ed è anelito di apertura al cosmo: "Ci sono raggi di sole / nei gesti di terra e di fango, / dietro alle nuvole. / Ci sono ovunque promesse di vendemmia, / acini che hanno dentro il sapore / dei giorni passati, / dell'inverno bevuto dalle radici." (da "Attimi", pag. 27).
Aurora De Luca raccoglie infatti la vitalità della natura e la trasfonde nel proprio animo, tramite i suoi versi; raccoglie la "materia grezza" ancora inconsapevole della propria potenzialità e la nobilita forgiandone amore e passione su una struttura poetica consona e del tutto aderente allo scopo: "Che noi siamo mossi / da questa primizia euforia, / che infesti e ci invada / le membra di carne, / che le metta a fuoco di vita, / così noi vivi, arsi e bruciati, / ce ne andiamo ignari / camminando nell'inverno, / pieni di luce e di calore e di fiumi odorosi. / Che ci sia in noi questa stupita euforia, / e permanga, / sì, come montagna immobile, / nella sua respirabile seta d'aria." (da "Seta d'aria", pag. 26).
L'amore che rinasce dalla materia grezza, primordiale, del cosmo, si riversa dunque in un "tu" sottolineato, al quale l'autrice sembra rivolgersi; ma è possibile che si tratti di un "riflesso", come argutamente afferma Domenico Defelice nella sua dotta prefazione. Un "tu", un "alter ego" sovente usato da molti poeti per parlarsi, per riflettere su se stessi e stabilire un dialogo proficuo e costruttivo. È quanto fa la nostra autrice in molti testi di questa sua pregevole raccolta: "… E allora ti lascio piccoli ciottoli / a fare da strada, / piccoli, soli, / e cadono dalle mie tasche / senza di me, / ma se tu li segui / è da me che verrai." (Da "È da me che verrai", pag. 37). Una ricongiunzione interiore che, dopo aver tratto vigore e significato dalla "materia grezza", restituisce all'autrice e ai lettori un quadro affascinante ed esaustivo del progetto poetico della nostra giovane poetessa.

Aurora De Luca, "Materia grezza", Genesi Editrice, Torino, 2014. Nota introduttiva di Sandro Gros-Pietro, prefazione di Domenico Defelice, introduzione di Franco Campegiani, postfazione di Sandro Angelucci.

G. Vetromile

28/7/17

domenica 16 luglio 2017

L'enigma cosmico di Giuseppe Meluccio

"Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera." Così ci illuminava Salvatore Quasimodo con i tre versi tra i più sibillini, e nello stesso tempo colmi di una verità filosofica ineccepibile, di tutta la produzione poetica dell'ultimo novecento. E se il nostro grande poeta di Modica ha voluto concentrare e sintetizzare la problematica della vita, della quotidianità, nella naturale allusione ad una fine materiale, naturale ed umana, ineluttabilmente prossima, indicandoci più o meno velatamente che la solitudine dell'uomo, pur corroborata da istanti fuggevoli di luce, di ricercata felicità, è destinata comunque a rimanere tale fino al termine della vita, ci possiamo chiedere se esistano altre considerazioni, di natura diversa e magari più scientifiche, che portino alle medesime conclusioni. E allora cito: "Ognuno è una retta / in questo intricato fascio improprio / e l'invisibile vettore supremo / conduce inesorabilmente / agli immensi abissi cosmici / del perché".
Sono questi i versi tratti da "Funzioni pedagogiche di sesto grado" (pag. 19) e riportati in quarta di copertina, del giovane poeta Giuseppe Meluccio, autore del libro "L'enigma cosmico", Opera Prima, Edizioni La Vita Felice, diretta e curata da Rita Pacilio. Giuseppe Meluccio, che vive nel nolano, è anche lui uno studente dell'ultimo anno del Liceo Scientifico Medi di Cicciano, e frequenta come Ilaria Vassallo, di cui abbiamo già parlato, il Laboratorio di poesia di Carlangelo Mauro.
Giuseppe Meluccio mutua dunque dal mondo scientifico, e in particolare dalla fisica e dall'astrofisica, il suo ideare poetico, basando il suo dettato e persino il suo stile, su un linguaggio che è proprio di quel mondo, di quella realtà. Ecco perché allora i due filoni, quello psicologico e umanistico di Quasimodo, e quello scientifico del Meluccio, si incontrano alla fine, si inverano ambedue sul punto di congiunzione del grande Mistero della Vita e del Creato.
E' una modalità diversa, naturalmente, quella di Giuseppe Meluccio, come quella di tanti altri poeti (ad esempio Bruno Galluccio, tanto per citare un nostro grande contemporaneo, autore peraltro dell'ottima postfazione al libro) che prediligono la via scientifica per esprimere i loro pensieri e persino la loro filosofia di vita in "caratteri" poetici, con versi che solo apparentemente hanno un'oscurità dovuta ai termini e al linguaggio, ma che colpiscono e coinvolgono indubbiamente per la loro profondità e contenuto. Si parte da lontano, magari dai confini dell'universo, persino dai buchi neri, oppure si parte dal profondamente piccolo, dagli atomi e dai bosoni di Higgs, dalle ultime teorie quantistiche e relativistiche, per giungere in fondo a che cosa? Al mistero della vita e dell'esistenza: "Ognuno sta solo sul cuore della terra, trafitto da un raggio di sole, ed è subito sera!"... Appunto!
Ma veniamo più nel dettaglio all'"Enigma cosmico" di Giuseppe Meluccio. Un progetto corposo, intenso, ben strutturato, dove sicuramente troviamo anche l'impronta di una organizzazione letteraria sopraffina e competente, quale quella della Casa Editrice La Vita Felice e della curatrice della Collana Opera Prima Rita Pacilio, autrice anche della prefazione. Il libro infatti è stato "amato", seguito ed accompagnato fino alla sua realizzazione, come del resto è abitudine della casa Editrice, perché è un progetto validissimo e meritevole di essere pubblicato e diffuso. Sei sono le sezioni del libro, nelle quali il giovane autore ha voluto esprimere le sue idee poetiche con altrettante sei diverse coloriture, se così vogliamo dire, ma nulla togliendo alla continuità e alla compattezza del dialogo. "Palingenesi", "Inflazione", "Contrazione", "Ecpirosi", "Frammentazione", "Apocatastasi", sono dunque i sei comparti, il cui titolo rimanda ad altrettante voci scientifico-filosofiche: termini spiegati con perspicacia in una nota-glossario in appendice al libro, insieme ad altre definizioni non di uso comune ma appartenenti al mondo scientifico (e questa è stata davvero una idea luminosa, perché offre la possibilità anche al lettore meno acculturato su certi argomenti strettamente scientifici, di ampliare nel razionale la sua impressione interpretativa di primo acchito).
L'"Enigma cosmico" ha dunque ripercussioni, se così vogliamo dire, nella filosofia della quotidianità, nella vita e nei problemi di tutti i giorni: è una trasposizione dal grande mistero cosmico che ha dato inizio al tutto, alle minime (ma non per questo meno determinanti) condizioni umane: "Una debolezza ho: questa. / Questa parola che non pensa, / che non si infutura, / che non si fa umanizzazione dell'universo, / che non si fa scienza. / Perché in verità, in verità / sappiamo tutti che (più che umani) / siamo scienziati." (pag. 17). E' qui il dramma sottinteso dall'autore, e cioè che a tutti i costi si vuol dare una spiegazione scientifica e razionale all'esistenza, all'"enigma cosmico", quando poi sarebbe necessario, in misura maggiore, ascoltare il lato umano e spirituale del mistero per estrinsecarlo.
"Tutto / inviolabile / cubo cupo / devastante / tutto / E noi / buchi trafelati / in vitale attesa / di essere otturati / dal nulla" (pag. 23), leggiamo ancora; una "chiusura" devastante, denotata anche dalla presenza della vocale "u" (cubo cupo, tutto…), è ancora la constatazione di un universo enigmatico che tentiamo di spiegarci, ma che che ci implode dentro in tutta la sua complessa indeterminazione.
Un libro complesso e intelligente, perché il linguaggio e addirittura le argomentazioni scientifiche utilizzate dal Meluccio per spiegare e spiegarsi in qualche modo il mistero del cosmo e della vita, riportano senza dubbio, e anche in modo veramente poetico, all'intramontabile chiedersi "perché siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare".


Giuseppe Meluccio, "L'enigma cosmico", La Vita Felice Edizioni, 2017, Collana Opera Prima diretta da Rita Pacilio. Prefazione di Rita Pacilio, postfazione di Bruno Galluccio.

G.V.
16/7/2017

Il II Volume dell'Antologia "Transiti Poetici"

CIRCOLO DELLE VOCI, Vol. I°

"Gusti di...versi", Ristorante Albergo dei Baroni, Sant'Anastasia (Na), 13 marzo 2015

La mostra "Il respiro della materia / I colori dell’anima"

Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"