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Buona lettura e buona consultazione.

venerdì 8 novembre 2013

"Codamozza", il nuovo libro di Sergio Saggese

Normalmente, quando ci troviamo di fronte ad un testo di narrativa, si dà per scontato che i protagonisti, le persone che si muovono all'interno della storia, siano in fin dei conti uomini, umani, povera gente, ricca, presuntuosa, benestante, caritatevole, buona o cattiva, ma sempre uomini. A meno che non ci troviamo di fronte ad una favola, o ad un fumetto, un cartone animato alla Disney, di quelli divertenti e in fin dei conti anche istruttivi, sotto certi aspetti, che si possono tranquillamente attingere dalla televisione o acquistare in edicola. Ma questo libro, "Codamozza", non ha l'aspetto né di una favola né tantomeno di un fumetto, né, tantomeno, si pensi che Codamozza possa essere il soprannome del protagonista: perché Codamozza è il protagonista.
Si tratta dunque di una storia che ha per protagonisti i topi. Ma perché?, sorge a questo punto spontanea la domanda che potrebbe farsi il lettore.
A questa domanda si può dare una risposta solo alla fine del libro, dopo averlo ben bene assaporato e metabolizzato. E, si badi bene, non è un libro facile, almeno per quanto concerne la retrostoria, cioé quello a cui veramente mira il nostro autore: bisogna infatti andare a cercare tra le righe, dietro le righe, in un mondo, quello dei topi, che agli inizi del racconto fa un po' ribrezzo, ma che man mano che si procede riesce a suscitare nel lettore una certa compartecipazione emotiva e di simpatia. Non è facile neanche l'intreccio, il narrato, e se il lettore si aspetta che - trattandosi appunto di topi - la trama possa essere dotata di una certa fluidità, di una certa semplicità, come nelle favole, si sbaglia di grosso: come afferma infatti Vincenzo Aiello nella presentazione, questo narrare particolare di Saggese è quello che unisce la fabula ad un linguaggio fantasioso e cartavetroso, per riportarci il nostro vissuto quotidiano pubblico, che il cinismo dei media ci manifesta senza il candore di un possibile cambiamento.
Ma ritornando al contenuto del libro, della storia, dobbiamo dare atto a Saggese che il suo lavoro narrativo, in questo libro, è davvero eccezionale, originalissimo, unico forse nel suo genere, e direi anche sconvolgente.
Non è certamente il caso di riassumere qui tutta la storia, del resto non credo che abbia molta importanza, e non perché non ci sia nessun assassino da scoprire, cosa che potrebbe vanificare la curiosità del lettore, ma perché quello che c'è da dire è ben altro. Intanto, si tratta a mio giudizio di una grandissima ed elaborata trasposizione letteraria: trasposizione e non metafora perché il narrato è una storia verosimile ambientata in una realtà sociale - nella fattispecie il territorio di Scampia - con trame, intrecci, personaggi, fatti e riferimenti aderentissimi a quella realtà. L'unica differenza è che i personaggi e i protagonisti sono topi e non uomini. Il resto è perfettamente verosimile. L'idea di creare una storia ambientata nella realtà metropolitana di Napoli utilizzando come personaggi i topi, è stata geniale. La stessa storia con personaggi umani sarebbe stata forse banale, retorica e per niente originale: sarebbe stata una storia come tante altre simili, come tante ne sono state raccontate e scritte su Scampia e sugli immancabili, eterni problemi di degrado, di droga, di mancanza di lavoro e così via. Ma ecco il colpo di genio del nostro Saggese: i napoletani sono come i topi. E qui non si tratta di denigrare o colpevolizzare un'intera atavica tradizione meridionalistica e più specificamente napoletana, una razza eccelsa e geniale, calda e passionale, che però lascia fare, delega, si crogiola, spesso subisce come ci insegna la sua storia millenaria, spesso ha degli scatti di libertà. No, qui il nostro bravo autore ha voluto "fotografare" la realtà senza nulla aggiungervi e senza nulla sottrarre: la realtà nuda e cruda delle cose come stavano e come stanno qui a Napoli e a Scampia.
Le analogie topi-napoletani sono molteplici, e all'inizio di ciascuna delle tre sezioni del libro il nostro bravo Saggese riporta in corsivo delle citazioni che ne dimostrano la sconvolgente e indovinata verosimiglianza: "I napoletani sono come i topi, perché come i topi deturpano il paesaggio... non mangiano, rosicchiano... e figliano... e ogni anno ce ne sono di più...", e nella seconda parte:  "Li si caccia via dalle case assolate... si intrappolano con meccanismi rudimentali o raffinati... li si costringe a percorsi complicatissimi e impervi per espletare qualsiasi funzione vitale...", e nella terza parte: "I napoletani sono come i topi... li si considera come un inconveniente inevitabile, fastidioso, ma sempre inaccettabile. E ci si chiede come facciano a resistere. e i topi resistono e si moltiplicano e riescono forse a volte a essere felici". E conclude: "il che va benissimo per i topi che sono come i napoletani. non va altrettanto bene per i napoletani che, in fin dei conti, non sono topi".
Ecco, direi che con questa frase il nostro Saggese voglia in conclusione farci intendere che i napoletani non meritano una esistenza fisica, sociale e psicologica che possa in qualche modo avere le stesse caratteristiche di un mondo animale, quello appunto dei topi, che per struttura mentale e ambientale è molto simile (molto ben curate da Saggese sono infatti le analogie, e si riscontrano nelle descrizioni delle strutture socio politiche e malavitose, come canduta, che sta per camorra, la Grande Discarica, Colonia, Talya (anagramma di Italia) e così via.
Direi per concludere che Saggese in questo romanzo ha voluto mostrarci la realtà più profonda della napoletanità, una napoletanità particolare e specifica come quella dei quartieri degradati e abbandonati di cui Scampia è purtroppo principale riferimento. Una realtà cruda e crudele, come la stessa struttura organizzativa dei topi, una struttura sociale ormai completamente asservita al potere e ai poteri dei più forti del momento e in cui organizzazioni sindacali, lavoratori, amministrazioni, enti, lo stesso Stato, la malavita e le bande dei delinquenti si scontrano e si combinano in un intreccio diabolico in cui bene e male, verità e bugia, coraggio e codardìa, omertà e senso civico, diventano valori che si confondono e si omologano, e sovente si sostituiscono a vicenda.
Ma è un mondo dove pur nella confusione generale, si illumina di tanto in tanto di bontà e di amore, di amicizia e di voglia di vivere. I personaggi-topi di Saggese hanno forti caratteristiche umane, in questo senso, tanto da far dimenticare spesso che si sta parlando di animali.
Un libro che suscita nel lettore una certa curiosità mista a tensione emotiva, come dicevo all'inizio, per la storia in sé ma anche per il linguaggio diretto e sapientemente gergale usato dall'autore lungo tutto il racconto, sì che bisogna porre attenzione almeno nelle prime pagine per entrare fatalmente nel mondo dei topi-napoletani, o napoletani-topi che dir si voglia, e comprenderne così, solo così, i più segreti e sconvolgenti sviluppi.

Il libro "Codamozza" è stato presentato a Sant'Anastasia nella sede del Boschetto Sporting Club, il 7 novembre 2013. Organizzazione del Circolo letterario Anastasiano di Giuseppe Vetromile. Relatore Raffaele Urraro.

"Codamozza", di Sergio Saggese, Con-fine Edizioni", Bologna, 2013

Giuseppe Vetromile

8/11/13

Il comunicato stampa su "Ilmediano.it": http://www.ilmediano.it/apz/vs_art.aspx?id=7314

Il II Volume dell'Antologia "Transiti Poetici"

CIRCOLO DELLE VOCI, Vol. I°

"Gusti di...versi", Ristorante Albergo dei Baroni, Sant'Anastasia (Na), 13 marzo 2015

La mostra "Il respiro della materia / I colori dell’anima"

Due poesie di Gerardo Pedicini

L’ombra del tempo

(per Sergio Vecchio


L’ombra del tempo

è ferma alla tua porta

e tra i rami

vigila la civetta,

cara agli dei.

Nel silenzio della notte

avanza il giorno tra le spine

e il vento rode

le vecchie mura sibarite

intrise d’acqua e di memorie.

Dorme nel profondo la palude:

il Sele discende lento fino al mare

e svuota le tombe dei sacrari.

Ora è l’antica Hera,

ora è Poseidon a indicarti il cammino.

Alla deriva del vento

il tuo passo di lucertola

è rapido volo d’uccello.

Sotto la tettoia scalpita il treno

sugli scambi e rompe le stagioni

nel vuoto delle ore.

Nel laboratorio acceso di speranze

resti tu solo a sorvegliare

il perimetro antico delle mura

mentre vesti d’incenso i tuoi ricordi

tracciando sul foglio linee d’ombra.

***

I segni della storia

(ad Angelo Noce)


Cinabro è il fuoco dei ricordi:

passano rotte di terre nella mano

e sfilano i segni della storia.

Ombre e figure

alzano templi alla memoria.

Nell’antico corso del mare

si sospende la luce del giorno.

È un sogno senza fine.

Transita il tempo da un foglio all’altro

e incide in successione

ciò che già fu, ciò che sarà

nella tenue traccia del tuo respiro.

(Gerardo Pedicini)

Il libretto "I Poeti della rosa"